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LE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA / RAPPORTO 2014


Diverso, invece, è il caso delle politiche sociali, vittime di un ulteriore indebolimento.
Una misura nazionale contro la povertà assoluta continua a mancare nel nostro Paese e
sebbene gli anni recenti abbiano visto rilevanti passi in avanti sul piano dell’elaborazio-
ne di proposte (cfr. cap. 7), della sensibilità politica (cfr. cap. 9) e della messa in campo di
stimolanti sperimentazioni (cfr. parr. 3 e 4), tutto ciò sinora non ha prodotto efetti degni
di nota per la vita delle persone.
In assenza delle necessarie politiche nazionali, l’accresciuta domanda d’intervento –
spinta dall’incremento della povertà – si è indirizzata ai servizi sociali dei Comuni, da
sempre dotati di risorse assai contenute. Durante la crisi gli stanziamenti a loro disposi-
zione, però, sono ulteriormente diminuiti a seguito della decurtazione dei trasferimenti
statali. Si è, infatti, verifcato un drastico ridimensionamento sia dei trasferimenti indistin-
ti agli Enti Locali sia dei fondi nazionali dedicati. Rimandando al capitolo 2 per un’anali-
si più dettagliata, basti qui citare il calo del 91% dei fondi fnalizzati tra il 2008 e il 2012
(2526 a 229 milioni), e la successiva risalita a 964 milioni per il 2014 (che, seppure costi-
tuisca un miglioramento, è comunque il 70% in meno rispetto al 2008).
I Comuni, trovandosi con i bilanci “dimagriti” appunto, hanno inizialmente compiu-
to la scelta di proteggere il sociale, tagliando su altri voci (come cultura, verde pubbli-
co, manutenzione di strade) ma i margini in tal senso si sono progressivamente ridot-
ti e, dunque, è poi divenuto inevitabile agire anche sul welfare. Non stupisce, dunque,
che la spesa per le politiche sociali dei Comuni, seppur cresciuta leggermente ma co-
stantemente sino al 2009, si sia stabilizzata nel 2010 e abbia poi cominciato a scendere.
L’analisi sui certifcati di conto consuntivo dei Bilanci Comunali efettuata dalla Cisl nel
2014, mostra che ancora nel 2010 la spesa è cresciuta del 3,9% rispetto al 2009, mentre
ha successivamente imboccato un trend di riduzione che l’ha vista attestarsi nel 2012 a
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-6% rispetto al 2010; l’aspettativa della gran parte degli osservatori è che – quando sa-
ranno disponibili – i dati per il 2013 indicheranno un’ulteriore riduzione.
Si può comprendere il signifcato di questo -6% solo collocandolo nel quadro efet-
tivo del welfare comunale e della sua storia. Una parte di questo quadro, si è detto, con-
siste nella crescita di domande ai Comuni e nell’assenza di politiche nazionali contro la
povertà. Ma ce n’è anche un’altra, cruciale per comprendere l’attualità: non è mai esisti-
ta un’ “età dell’oro” della spesa sociale comunale. Infatti, quest’ultima, seppure cresciuta
nel tempo, è arrivata al suo picco più elevato nel 2010 con lo 0,46% del Pil, un valore che
le analisi dei bisogni e i confronti con gli altri paesi rilevano essere assolutamente inade-
guato. Basti pensare che nel 1997 la Commissione Onofri aveva individuato nell’1,4%
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del Pil il livello di spesa da raggiungere nel 2012. I tagli, dunque, hanno colpito un set-
tore già sotto-fnanziato, da lungo tempo considerato un segmento particolarmente tra-
scurato del nostro sistema di protezione sociale (cfr. par 2.1).









9 Si fa qui riferimento ai dati Cisl perché comprendono anche il 2012. Peraltro, le tendenze rilevate
dall’indagine Censuaria Istat del Comuni, che giunge sino al 2011, sono del tutto coerenti: una cre-
scita lenta ma costante per tutto lo scorso decennio, stabilità nel 2010 e discesa nel 2011. Più in det-
taglio Istat mostra che dal 2003 al 2009 il trend della spesa per interventi e servizi sociali dei comuni
ha avuto un tasso di incremento del 6% medio annuo. Nel 2010 si registra sostanziale stabilità e nel
2011 una fessione dell’1,4% (cfr. cap. 2).
10 Ci si riferisce alla “Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche dello stato sociale”
presieduta dall’economista Paolo Onofri. Fu nominata dal 1997 dall’allora Presidente del Consiglio
Prodi e i suoi risultati – pubblicati nel medesimo anno – sono stati considerati un punto di riferi-
mento da osservatori ed esperti di tutte le aree politiche. La Commissione insistette con forza sulla
necessità di introdurre un reddito minimo (cfr. cap. 9) e di potenziare le politiche sociali dei Comuni.
Per queste ultime indicò l›obiettivo di arrivare ad una quota di spesa pari all›1,4% del Pil in 15 anni,
quindi nel 2012.

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