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IL BILANCIO DELLA CRISI


3.1 A cosa servono le sperimentazioni?
Decisiva, come anticipato, risulterà la linea adottata del Governo Renzi, ancora non
espressosi in merito. Nei prossimi mesi, infatti, le scelte su cosa fare delle sperimentazio-
ni si intrecceranno inevitabilmente con quelle, di più ampio respiro, riguardanti le politi-
che contro la povertà nel nostro Paese. Il punto, dunque, non saranno le sperimentazio-
ni in quanto tali, bensì il loro ruolo all’interno del complessivo disegno (o non disegno)
del welfare.
Dire che – se si fosse voluto – si sarebbe potuto partire subito con un Piano nazio-
nale non signifca afermare a priori che le sperimentazioni non serviranno a nulla. Al
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contrario, se opportunamente valorizzate, potranno essere di grande utilità. Potran-
no, infatti, fornire importanti spunti per la costruzione dell’infrastruttura nazionale per
il welfare locale, cioè l’insieme di regole, risorse e strumenti che lo Stato dovrebbe pre-
disporre per mettere i territori in condizione di rispondere adeguatamente alla pover-
tà (cfr. par. 9). L’infrastruttura costituirebbe la novità di fondo del Piano nazionale poi-
ché essa non è mai esistita prima. Le sperimentazioni altro non sono, dunque, che una
“prova d’infrastrutturazione”.
Mentre possono risultare comunque utili sul piano tecnico-progettuale, le sperimen-
tazioni possono assolvere anche a funzioni, meno nobili, di natura politica. La più nota
consiste nel venire strumentalizzate per afermare che ci si sta occupando della lotta alla
povertà, mentre in realtà non lo si sta facendo o, meglio, lo si sta facendo con azioni inca-
paci di produrre cambiamenti destinati a rimanere.
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La vicenda delle politiche sociali nella Seconda Repubblica è lastricata di sperimen-
tazioni, interventi una tantum, “primi segni di attenzione”, riconducibili a questa dinami-
ca. Tutte queste operazioni sono compiute per poter afermare che ci si stava dedicando
al problema, quando in realtà mancava la volontà politica di afrontare i nodi in maniera
sufcientemente incisiva, conprovvedimenti destinati a lasciare il segno.
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Inoltre, le sperimentazioni possono servire anche a rinviare le scelte. Ad esempio,
quest’autunno si potrebbe sostenere che non si può avviare il Piano nazionale perché
per progettarlo bisogna aspettarne gli esiti. Si tratterebbe di una motivazione eviden-
temente strumentale, e non solo perché il Piano sarebbe potuto partire anche senza
sperimentazioni. Una volta realizzate, infatti, sarà possibile ricavarne informazioni atte a
migliorare il Piano in atto. Quest’impostazione è coerente con il consenso oggi maggio-
ritario su quale dovrebbe essere la sua confgurazione: un cammino pluriennale con tap-
pe intermedie e fnali defnite, da monitorare costantemente e aggiustare in corso d’ope-
ra secondo le indicazioni provenienti dai territori (cfr. cap. 7 e 9 ).
Infne, esiste un efetto legato al più ampio dibattito pubblico. Una grande attenzio-
ne alle sperimentazioni – articoli, dati, commenti e prese di posizione – può trasmettere
l’impressione, soprattutto nell’opinione pubblica estesa e tra i media meno competen-
ti in tema di povertà, che efettivamente contro questo “fagello” si stia “facendo molto”,
anche se così non è. Detto altrimenti, il parlare così tanto di piccoli interventi difonde la
percezione erronea che siano in atto azioni di ampio respiro. Il grande interesse suscitato
dalla NSC ha probabilmente già prodotto, in qualche misura, un simile efetto.








24 Cfr. A. Martini, U. Trivellato, Sono soldi ben spesi? Perchè e come valutare l’efcacia delle politiche pubbli-
che, Marsilio Editori, Venezia, 2011; D. Mesini, E. Ranci Ortigosa, “La valutazione della sperimentazio-
ne del Reddito Minimo di Inserimento: come valorizzare e proteggere i risultati di una valutazione
in un contesto politico turbolento?”, in Riv - Rassegna Italiana di Valutazione, n. 30, 2004.
25 Quali, per l’appunto, sperimentazioni slegate dall’introduzione di un Piano nazionale.
26 M. Baldini, P. Bosi, Le politiche sociali del Governo di Centrosinistra, in P. Onofri e M. Donovan (a cura di),
“La politica in Italia. Edizione 2008”, Il Mulino, Bologna, 2008, pp. 204-233.

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