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Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia

di casa popolare o di interventi di sostegno degli enti pubblici, una delle possibilità è
quella di richiedere ospitalità presso amici e/o parenti. Il fenomeno della coabitazione
con parenti o soggetti esterni alla cerchia familiare, una volta limitato ai soli stranieri,
si sta cominciando a diffondere con una certa velocità anche tra gli utenti italiani, evi-
denziando inaspettate capacità di adattamento alla crisi economica.


“Il fenomeno della coabitazione con amici/parenti evidenzia due aspetti sociologicamente
signifcativi: da una parte, la capacità mettersi insieme per condividere le spese di gestio-
ne della casa, un metodo che restringe le libertà personali ma che ha permesso a molti di
vivere in modo dignitoso e sano; dall’altra parte, questa modalità ha fatto spesso emerge-
re dinamiche di subafftto, di sfruttamento e di compravendita di residenze. Sono fenome-
ni illegali che spesso si verifcano nel disagio degli adulti e che (…) si verifcano soprattutto
tra gli stranieri. Spesso, e la percentuale del 54,8% che vivono in afftto lo conferma, molte
persone non dichiarano la propria zona di residenza perché vivono nella modalità di subaf-
ftto o, come nel caso degli extracomunitari, non sono completamente in regola con i per-
messi di soggiorno. La pratica del subafftto si è notevolmente ingigantita negli ultimi anni
anche a causa della riduzione dell’offerta lavorativa diventando, in alcuni casi, una vera for-
ma di reddito per gli affttuari”.
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“L’ospitalità, che rappresenta una soluzione alloggiativa provvisoria, ha caratterizzato 157
persone. Si tratta sia di italiani che di stranieri, anche se questi ultimi risultano più dispo-
nibili a questo tipo di soluzioni temporanee e le riferiscono più spesso. Spesso l’ospitalità
(così come l’afftto temporaneo di un posto letto), si associa a problematiche di sovraffolla-
mento. Vivono in questo modo le persone che hanno perso la casa o che non ne hanno mai
avuta una, come molti stranieri all’inizio dei loro percorsi di integrazione, tra i quali trovia-
mo numerosi richiedenti asilo, che faticano a rendersi autonomi in questa congiuntura so-
cio-economica e trovano delle soluzioni condivise attraverso i gruppi di connazionali. Dato
degli ultimi anni: sono diverse le famiglie, fra le quali troviamo numerose famiglie africane,
che a causa di sfratti e disagio economico grave hanno chiesto ospitalità ad amici e con-
nazionali, dovendo anche in alcuni casi dividere il nucleo per questioni di spazio, con il ma-
rito ospitato da una famiglia e la moglie con i fgli, da un’altra”. 18

e) La qualità dell’abitare. I dati dei Centri di Ascolto non sono in grado di documentare
tutti gli aspetti del disagio abitativo degli utenti Caritas. Uno di tali aspetti si riferi-
sce alla qualità degli alloggi. Varie sono le testimonianze che riferiscono di un pro-
gressivo decadimento delle condizioni igienico-sanitarie delle abitazioni e del livel-
lo di manutenzione degli edifci: con il venire meno delle disponibilità economiche,
gli interventi di manutenzione esterna ed interna degli edifci tendono ad essere rin-
viati, determinando situazioni di oggettivo rischio per l’incolumità pubblica. Ulterio-
ri aspetti di debolezza si riferiscono invece al posizionamento territoriale delle abi-
tazioni di molti utenti Caritas. Il caro-alloggi determina un progressivo spostamen-
to dei nuclei disagiati verso zone sempre più periferiche e marginali: dalla città ci si
spinge verso la periferia urbana, verso la campagna, le aree montane. Proprio in al-
cuni territori montani si sta rilevando un inaspettato ripopolamento, ad opera so-
prattutto di famiglie straniere, attratte dal basso livello dei canoni di locazione rin-
tracciabile presso tali aree.

“Sostenere che il 93,4% degli utenti ha un domicilio, signifca esclusivamente afferma-
re che sono persone che non abitano per strada, ma hanno comunque un’abitazione in
cui dimorano. Sulla qualità delle case in cui vivono occorre invece fare delle precisazioni
che le descrizioni statistiche non possono mettere in evidenza. Gli operatori che effettua-
no visite domiciliari raccontano che in diversi casi si è in presenza di abitazioni in rovina,
umide, prive dei servizi essenziali, a volte veri e propri scantinati o catapecchie. I numeri
non possono raccontare la sofferenza di un bambino che prima di andare a scuola è co-
stretto per lavarsi ad uscire dalla propria abitazione per raggiungere i servizi igienici all’e-
sterno, che sia estate o che sia inverno, che faccia molto caldo o che la temperatura sia
prossima allo zero”. 19



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