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IL BILANCIO DELLA CRISI


8. La riforma dell’Irpef del governo Renzi
Il 12 marzo 2014 il neo-presidente del Consiglio Renzi ha annunciato una riforma
dell’Irpef molto rilevante. L’obiettivo dichiarato consiste nell’aumentare signifcativa-
mente, a partire da maggio 2014, il reddito annuo dei lavoratori dipendenti che percepi-
scono redditi bassi.
I dettagli dell’operazione sono stati resi noti con il decreto legge del 24 aprile 2014
n. 66, al comma 1, che introduce per il 2014 un bonus di 80 euro al mese per 8 mesi (da
maggio a dicembre) riservato ai dipendenti che lavorino in modo continuativo duran-
te il 2014 ed abbiano un reddito imponibile compreso tra 8145 e 24mila euro. Il bonus
poi decresce linearmente in modo molto veloce per annullarsi a 26mila euro. La legge
precisa che hanno diritto a questo credito d’imposta tutti i lavoratori dipendenti che
presentino una imposta lorda superiore alla sola detrazione da lavoro dipendente. Ciò
estende il benefcio anche ad alcuni lavoratori occupati per una sola parte dell’anno, se
al momento pagano Irpef poiché la detrazione (proporzionale ai mesi lavorati) non è
sufciente per eliminare l’imposta, nonché ai dipendenti che attualmente non pagano
l’Irpef perché usufruiscono di altre detrazioni, ad esempio per familiari a carico. Il costo
per le casse dello Stato sarebbe di circa 6,6 miliardi nel 2014, che diventerebbero 10 nel
2015 se il provvedimento verrà confermato per l’anno prossimo ed esteso a tutte le 12
mensilità.
Per il 38% delle famiglie italiane l’Irpef dovrebbe diminuire, mentre per il restante
62% rimarrebbe invariata. Il risparmio medio per le famiglie benefciarie dello sgravio
sarebbe di circa 655 euro annui, mentre per tutte le famiglie italiane sarebbe di 251
euro.
Circa una famiglia su quattro in povertà assoluta otterrebbe lo sgravio, mentre sareb-
bero interessate dalla riforma circa il 41% delle famiglie in povertà relativa. Molte fa-
miglie povere relative non ottengono il bonus malgrado vi siano in esse lavoratori di-
pendenti perché questi ultimi sono incapienti, che sono stati esclusi da questa misura.
D’altra parte, il bonus va anche a nuclei in cui vi sia almeno un dipendente e che oggi
non pagano Irpef grazie alle detrazioni per familiari a carico, se l’imposta lorda (cioè
l’Irpef calcolata applicando le aliquote al reddito, prima di ogni detrazione) è superiore
alla sola detrazione da lavoro dipendente.
Ė questa una circostanza che si verif ca in parecchi nuclei con un solo reddito da la-questa una circostanza che si verifca in parecchi nuclei con un solo reddito da la-
voro e con molti fgli, diversi dei quali si trovano in povertà proprio per la presenza di
un solo reddito basso e di molti componenti. Non dovrebbe quindi stupire che la quo-
ta di famiglie povere che ricevono il bonus sia superiore a quella delle famiglie pove-
re che oggi versano l’Irpef. Per molte di esse il bonus diventa un’imposta negativa, nel
senso che vi possono essere famiglie di dipendenti che non pagano Irpef grazie alle
detrazioni per familiari o per coniuge a carico, ma che riceveranno il bonus. Così oggi
meno del 10% dei nuclei poveri assoluti paga Irpef, ma circa un quarto di essi dovreb-
be ricevere il bonus.
D’altra parte, i poveri assoluti otterranno un bonus molto basso, in media 303 euro
(media calcolata solo sulle famiglie povere assolute che ottengono il bonus), mentre i
non poveri assoluti otterranno un bonus più che doppio. Molte famiglie sono in povertà
assoluta proprio perché i lavoratori in esse presenti sono occupati solo una parte dell’an-
no. In questi nuclei inoltre è assai rara la presenza di due percettori, e quindi di due pos-
sibili bonus.
Dopo i tanti episodi di parziale riforma dell’Irpef succedutisi negli ultimi quindici anni
- che hanno agito soprattutto sulle detrazioni senza modifcare le aliquote formali, le
quali rimangono molto alte anche per redditi non elevati - molte famiglie hanno smes-
so di pagare l’Irpef, e non possono vedere migliorato il proprio reddito attraverso ul-
teriori aumenti delle detrazioni. Nel campione utilizzato per le simulazioni, meno del
10% delle famiglie in povertà assoluta e circa un terzo di quelle in povertà relativa era-


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