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IL BILANCIO DELLA CRISI
In altri termini se è sufcientemente sostenibile afermare che un valore della spesa
inferiore a quanto mediamente utilizzato per l’acquisto di generi alimentari sia predittivo
di una scarsità di reddito, desumere da ciò che questo comporti una alimentazione insuf-
fciente o inidonea o squilibrata non è del tutto possibile sulla base dei dati disponibili.
Un’altra fonte di informazioni sulla povertà alimentare nel nostro paese è certamen-
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te la Relazione sul piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti, elaborata periodica-
mente dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, che per il 2012 ha segnalato un au-
mento del 9% delle famiglie che avevano ricevuto aiuto sul piano alimentare, con un
totale di 3,7 milioni di persone assistite con pacchi viveri o pasti gratuiti presso le men-
se. Un dato che indica che una delle strategie di contenimento degli efetti della crisi da
parte delle famiglie italiane è consistita nell’utilizzare la rete di distribuzione di alimenti
presenti sui diversi territori con circa 15 mila strutture. Una tendenza, questa, confermata
anche dal report Dati e politiche sulla povertà in Italia di Caritas Italiana: “dal 2009 al 2012,
la richiesta di beni materiali presso i Centri di Ascolto è aumentata del 55,6% passando
dal 37,2% del totale delle richieste nel 2009 al 57,9% del 2012”. 4
In sintesi si possono trarre alcune conclusioni e piste di lavoro per ulteriori indagini.
• L’assenza di misure nazionali di contrasto alla povertà ha dirottato le richieste inevase
di reddito delle famiglie povere su reti di aiuto informali, che hanno contenuto gli ef-
fetti della scarsità di reddito con aiuti di tipo primario, in particolare di beni alimenta-
ri. La sostenibilità di questa tesi è confermata dall’aumento vertiginoso di questa mo-
dalità di aiuto al crescere degli efetti della crisi: il privato sociale ha garantito piccole
soglie di reddito, in forma di beni alimentari, alle famiglie italiane, in assenza di politi-
che pubbliche in questo ambito, una sorta di primordiale reddito minimo, che ha ga-
rantito coesione sociale e utilizzo del reddito residuo da parte delle famiglie per voci
di spesa non comprimibili, come ad esempio aftti e utenze.
• D’altro canto l’esistenza di una povertà alimentare tale da generare consumi insufcien-
ti o inadeguati andrebbe verifcata a partire dall’emersione di patologie ascrivibili a
diete inadatte (denutrizione, malnutrizione, disordini alimentari derivati ecc.) per i
nuclei familiari poveri. In questa direzione vanno già alcuni studi (soprattutto locali,
più raramente nazionali). Ad esempio il Rapporto Osserva Salute 2013, analizzando i
fenomeni del sovrappeso e delle obesità nella fascia di età compresa tra i 6 e i 17 anni,
mostra “come i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso costituiscano il 26,9% del
totale. Si rilevano, inoltre, forti diferenze di genere, […] con percentuali particolar-
mente elevate in Campania (40,6%), Sicilia (33,3%), Molise (32,9%), Basilicata (32,9%)
e Calabria (30,5%). Si osservano, infne, prevalenze più elevate sia in relazione a risor-
se economiche scarse o insufcienti che al più basso livello di istruzione e all’eccesso
di peso dei genitori”. È auspicabile che il rischio potenziale prodotto da condizioni di
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povertà prolungate sia monitorato ricorrendo agli strumenti resi disponibili non solo
dalla ricerca sociale, per verifcare se si stanno producendo efetti riconducibili a que-
sti fenomeni. Sarebbe altrettanto auspicabile verifcare il peso dell’aiuto alimentare
nelle strategie di contenimento degli efetti della povertà messe in campo dalle fami-
glie, attraverso metodologie di ricerca che enfatizzino, nella ricostruzione dei percor-
si di vita, le capacità proattive delle persone in situazioni di disagio e la loro percezio-
ne di questi presidi territoriali sussidiari.
3 Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, Relazione piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti
2013. Consuntivo delle attività realizzate al 30/04/2013.
4 Caritas Italiana, Dati e politiche sulla povertà in Italia, 17/10/2013, pag. 5.
5 Rapporto OsservaSalute, Edizione 2013, Fattori di rischio, stili di vita e prevenzione, pag. 30.
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