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IL BILANCIO DELLA CRISI


manifestato l’intenzione di incrementarlo ricorrendo a risorse proprie o coinvolgendo i
privati. Dalle interviste ciò emerge chiaramente con riferimento ai privati, siano essi sog-
getti di terzo settore, imprese o banche.
Il contributo dei Comuni, invece, potrà tradursi soprattutto in un potenziamento dei
servizi già esistenti a livello locale e delle attività realizzate, al fne di incorporare tutte
quelle aggiuntive collegate alla NSC. Tuttavia, al momento delle interviste, nessuno dei
Comuni contattati aveva provveduto a quantifcare questo intervento. Viene da chieder-
si se, in prospettiva, una revisione della misura possa essere l’occasione per ridisegnare
lo scenario della collaborazione tra enti pubblici locali e terzo settore nel contrasto alla
povertà e se le risorse a disposizione possano essere integrate in maniera più efciente
individuando nuove modalità di collaborazione tra i soggetti coinvolti nell’applicazione
della misura


Le sovrapposizioni tra gli interventi
Si può senz’altro dire che le criticità che la NSC ha in comune con molte altre misure
di contrasto alla povertà che l’hanno preceduta si riferiscono al fatto che essa si aggiunge
ad altre politiche sociali (di natura sociale ed economica) preesistenti e complementari. È
largamente riconosciuto da amministratori, esponenti del terzo settore e studiosi di po-
litiche sociali che le misure di sostegno al reddito, contrasto all’esclusione e integrazione
sociale andrebbero ripensate in una prospettiva più ampia al fne di ridurre le sovrappo-
sizioni fra le stesse e raggiungere efettivamente la platea di benefciari che più necessi-
tano di questi interventi.
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Uno sforzo di questo genere non si dispiega pienamente con una sperimentazione di
questa portata dal punto di vista degli stanziamenti previsti e della durata (limitata) di un
anno, e certamente l’instabilità politica che vive al momento il nostro Paese non favori-
sce ragionamenti di lungo periodo e confronti tra istituzioni centrali, locali e società ci-
vile su un progetto più ampio di riforma del welfare italiano. Ne consegue la coesisten-
za di misure pressoché simili o collegate, attivate a livello comunale e nazionale, ma con
modalità di accesso, gestione amministrativa ed efetti diversi. Un esempio lampante è
la compresenza, almeno per il 2013 e il 2014, della Nuova Social Card e della precedente
Carta Acquisti: pur rispondendo nelle intenzioni agli stessi obiettivi, le due carte funzio-
nano in maniera molto diversa e implicheranno, per almeno alcune amministrazioni, du-
plicazioni di sistemi informativi, fussi di lavoro, strumenti di rilevazione e controllo, con
aggravi amministrativi ed economici.
Certo è che la Nuova Social Card non riuscirà comunque, come si è avuto modo di ac-
cennare nel par 4.1, ad intercettare tutte le persone che di fatto vivono condizioni di pro-
fonda marginalità e povertà, per raggiungere le quali occorrerebbero interventi più ampi
e fnanziariamente più consistenti. Su questo, tra l’altro pesa anche la difcoltà di ricogni-
zione di tutte le risorse messe in campo a livello nazionale per la misura, le sue estensioni
nel tempo e nello spazio, come si è visto rispetto alle analisi delle leggi di stabilità e degli
altri provvedimenti che nel corso dell’anno agiscono sul bilancio dello Stato.

4.4 In prospettiva
Queste prime considerazioni sulla misura contribuiscono a sottolineare l’importan-
za e la centralità di un’azione di valutazione esterna, indipendente e partecipata che ac-
compagni, con il contributo di esperti e terzo settore, l’implementazione della NSC e di
altre misure che nel frattempo dovessero esser progettate e attivate a integrazione della
stessa o come suo sviluppo.






21 Si veda il capitolo 7.

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