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3 I come cambiano


gli interventi di
contrasto alla povertà:


social card a confronto

Dal Censimento delle opere ecclesiali

LORENZO 3.1 Introduzione
LUSIGNOLI L’impatto sul nostro sistema di welfare della prolungata crisi economica che ha colpi-
DIPARTIMENTO to il paese ha fatto emergere la carenza e l’inadeguatezza degli attuali sostegni economi-
POLITICHE SOCIALI
E DELLA SALUTE CISL ci previsti per le persone indigenti. Tra i paesi della cosiddetta “area euro” siamo rimasti i
soli, assieme alla Grecia, a non disporre di uno strumento in grado di far fronte alla pover-
tà economica (cfr. cap. 2). Questo nonostante i ripetuti richiami in merito da parte della
Commissione Europea, anche con il recente Alert Mechanism Report 2014, documento in
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cui l’Italia fgura tra i sedici Stati membri nei quali la persistenza di squilibri macro-econo-
mici rende necessaria, per il nostro paese in particolare, l’adozione di “un’azione politica
risoluta”. Peraltro, l’Italia con i Piani Nazionali di Riforma del 2011 e del 2012 si è impegna-
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ta, al cospetto degli altri paesi membri, a contribuire alla riduzione della povertà e dell’e-
sclusione sociale, favorendo, entro il 2020, l’uscita di almeno 2 milioni e 200 mila persone
dalla condizioni di povertà.
Nonostante l’impressionante crescita del numero di persone indigenti (cfr. cap. 1), il
sostegno alla povertà nel nostro paese è di fatto concentrato soprattutto sulla fascia di
popolazione in età avanzata. Com’è noto, infatti, la spesa per la protezione sociale in Ita-
lia (che include i settori della previdenza, dell’assistenza sociale e della sanità) è storica-
mente polarizzata sulla previdenza, mentre gli attuali sistemi di contrasto alla povertà
extra-previdenziali rivelano un’efcacia limitata, come emerge anche dal confronto in-
ternazionale (fg. 1). Risulta infatti evidente che, rispetto agli altri paesi europei, il nostro
sistema previdenziale contribuisce in misura sostanziale a ridurre il rischio di povertà (lo
scostamento tra le due aree del grafco supera i venti punti percentuali ed è inferiore solo
a quello di Grecia, Ungheria e Romania), mentre se prendiamo in esame gli altri trasferi-
menti, al netto delle pensioni, siamo tra i paesi che forniscono il minor sostegno alla ridu-
zione del rischio di povertà (lo scostamento tra le due aree è pari a cinque punti percen-
tuali, superiore solo a quello di Bulgaria e Grecia).
Laddove infatti il rischio di povertà si riduce in misura inferiore, anche a seguito dell’in-
tervento delle politiche di welfare, si desume la scarsa efcacia degli strumenti adotta-
ti, legata nel nostro caso anche ad una mancanza di attenzione per fasce di popolazione
che non sono in età avanzata. Dove, invece, il rischio di povertà si riduce di molto a segui-
to di tutti trasferimenti (Irlanda, Regno Unito, Islanda), si può ipotizzare che agiscano stru-
menti ad hoc di contrasto alla povertà, come il reddito minimo, che, essendo universali,
incidono efcacemente sulla riduzione di tale rischio. L’Italia, che non dispone di una mi-
sura universale di sostegno al reddito, pur presentando un rischio di povertà non distan-
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1 Il testo della relazione sui meccanismi di allerta 2014 è disponibile nella versione originale sul sito della
Commissione europea al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/2014/amr2014_
en.pdf.
2 I Piani Nazionali di Riforma sono strumenti di programmazione di cui ogni paese si è dotato per la
realizzazione degli obiettivi concordati a livello europeo nell’ambito della strategia Europa 2020,
in termini di occupazione, natalità, divario di genere, istruzione, inclusione sociale, rapporto tra
reddito e defcit.
3 Per una disamina dei tentativi di applicazione del reddito minimo al contesto italiano si veda G. Busilacchi,
Welfare e diritto al reddito. Le politiche di reddito minimo nell’Europa a 27, Franco Angeli, 2013.

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