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LE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA / RAPPORTO 2014


3. Scenario “Piano nazionale contro la povertà”
3.1 Il Reddito d’Inclusione Sociale (Reis)
La sua introduzione rappresenta lo scenario auspicato dall’Alleanza contro la pover-
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tà in Italia, alla quale Caritas Italiana aderisce (cfr. introduzione e conclusioni). Diventerà
realtà se Renzi e Poletti faranno della lotta alla povertà una priorità politica e decideran-
no di afrontarla ripensando le attuali modalità d’intervento. Di seguito sono sintetizzati
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i punti chiave del Reis e nella tabella 2 i principi ispiratori.

Destinatari: tutte le famiglie in povertà assoluta, che nel 2012 erano il 6,8% dei nuclei
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in Italia (pari all’8% degli individui) (cfr. cap. 1). Il Reis è destinato ai cittadini di qualsia-
si nazionalità, in possesso di un valido titolo di legittimazione alla presenza sul territorio
italiano e ivi residenti da almeno 12 mesi.
Livelli essenziali: il Reis costituisce un livello essenziale delle prestazioni, primo inter-
vento di politiche sociali a diventarlo. Viene così introdotto un diritto che assicura una
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tutela a chiunque, in ogni parte del Paese, cada in povertà assoluta.
Importo: ogni famiglia riceve mensilmente una somma pari alla diferenza tra il pro-
prio reddito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse economiche ne-
cessarie ad uno standard di vita minimamente accettabile.
Servizi alla persona: insieme al contributo monetario, gli utenti del Reis fruiscono dei
servizi per loro necessari. Possono essere servizi per l’impiego (si veda sotto), contro il di-
sagio psicologico e/o sociale, riferiti a bisogni di cura – bambini, persone con disabilità,
anziani non autosufcienti - o di altra natura.
Lavoro: tutti i membri della famiglia in età compresa tra 18 e 65 anni ritenuti abili al la-
voro devono attivarsi nella ricerca di un’attività professionale, dare disponibilità a inizia-
re un’occupazione oferta dai Centri per l’impiego e a frequentare attività di formazione
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o riqualifcazione professionale.
Welfare mix: il Reis viene gestito a livello locale grazie ad un impegno condiviso, in-
nanzitutto, da Comuni e Terzo Settore. I Comuni – in forma associata nell’Ambito socia-
le – hanno la responsabilità della regia complessiva e il Terzo Settore co-progetta insie-
me a loro, esprimendo le proprie competenze in tutte le fasi dell’intervento; anche altri
soggetti svolgono un ruolo centrale, a partire da quelli dedicati a formazione e impiego.






4 Il primo testo del Reis, presentato nel luglio 2013 come proposta di Acli e Caritas, viene superato da
una nuova e defnitiva versione promossa dall’Alleanza contro la povertà in Italia, che sarà presen-
tata a breve. La proposta defnitiva è frutto del lavoro svolto nell’arco di un anno da un gruppo
di studiosi e consulenti (coordinati dallo scrivente) insieme ai rappresentanti di tutti gli aderenti
all’Alleanza, che ha permesso di migliorare la prima versione, modifcandola dove necessaria e ag-
giungendo parti ulteriori. I capisaldi qui indicati sono comuni a entrambe le versioni.
5 Di questo e dei successivi scenari non si discutono i dettagli attuativi (criteri di accesso, importi, proflo
dei servizi coinvolti, spesa e fnanziamento ecc.) poiché l’obiettivo qui è mettere a fuoco le direzio-
ni di fondo per il futuro del welfare italiano. In merito alle specifche caratteristiche delle possibili
misure si veda il capitolo 7.
6 Evidentemente anche le persone che vivono sole costituiscono una famiglia, in questo caso uniper-
sonale.
7 L’unico livello essenziale nelle politiche sociali sinora previsto è il nuovo Isee, in via d’introduzione.
8 L’inclusione lavorativa può risultare irrealizzabile a causa delle condizioni del contesto (laddove ci
sia poco lavoro) e/o della persona coinvolta. In tali situazioni un ruolo importante viene svolto dai
percorsi di welfare generativo, che mettono la persona aiutata in condizione di contribuire con le
proprie capacità ad accrescere la socialità, la solidarietà e la ricchezza della comunità a cui appar-
tiene. Si tratta di trasformare l’aiuto ricevuto in ore di impegno che il benefciario ofre in attività
utili per la comunità e per sé stesso (Cfr. Fondazione Emanuela Zancan, Rigenerare capacità e risorse.
La lotta alla povertà - Rapporto 2013, Il Mulino, Bologna, 2013). Questo non può essere considerato
un percorso d’ inclusione lavorativa perché non prevede, neanche in prospettiva, un rapporto di
lavoro, anche se spesso può essere propedeutico a tal fne. Le attività possono essere le più varie,
coinvolgendo le associazioni di volontariato, altri soggetti del Terzo Settore e gli enti pubblici.

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