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LE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA / RAPPORTO 2014


del Friuli-Venezia Giulia), in alcune regioni del Sud tale percentuale risulta considerevol-
mente inferiore rispetto al dato nazionale (Calabria 5,7%, Molise 4,1%).
Tutto questo ci porta a dire che sulla povertà le risorse impiegate a livello locale ri-
sultano inadeguate, soprattutto in quelle aree del paese in cui i tassi di povertà sono più
alti. E si tratta, per così dire, di una tradizione di “storica inefcacia” delle politiche locali
di contrasto alla povertà.
Pur non disponendo di dati che sufraghino la correlazione negativa tra livelli di po-
vertà e spesa sociale dei comuni, possiamo senz’altro afermare che una politica sociale
comunale per potersi dire efcace, dovrebbe tener conto delle caratteristiche socio-eco-
nomiche e demografche della popolazione residente. E a partire dai bisogni esistenti,
cercare di soddisfarli, con il vincolo delle risorse disponibili.
La struttura demografca, le condizioni socio-economiche della popolazione e la
difusione e intensità della povertà dovrebbero dunque essere i pilastri per disegnare
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interventi sociali sui territori. In realtà, così non è. Questi elementi non fungono da
regolatori delle decisioni di politica sociale locale. È stato dimostrato che esiste una
correlazione positiva tra la spesa sociale dei comuni e il reddito pro-capite dei residen-eddito pro-capite dei residen-
ti: laddove i redditi dei residenti sono più alti si spende di più per il sociale, indipenden-
temente dai bisogni espressi da quel territorio. Questo perché la spesa è fortemente
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regolata dalla disponibilità di risorse proprie da parte dei comuni e dalla leva fscale.
Si deve tener presente che nel 2011 in Italia il 62,5% della spesa per interventi e servizi
sociali veniva fnanziato da risorse proprie dei comuni e il 34,6% da fnanziamenti pubblici
(Fondo indistinto per le politiche sociali, Fondi regionali vincolati per le politiche sociali,
Fondi vincolati per le politiche sociali dallo Stato o dall’Unione europea, Altri trasferimenti
da Enti pubblici), con una lieve riduzione rispetto al 2010 (34,9%) (v. fg. 7). Inoltre, in
un quadro caratterizzato da una complessiva riduzione delle entrate comunali soprat-
tutto sul fronte dei trasferimenti pubblici, la compensazione agisce sui livelli delle en-
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trate tributarie (Imu, addizionale comunale Irpef e tassa sui rifuti) ed extratributarie.
Infne, a risentire della riduzione dei trasferimenti pubblici sono soprattutto i comuni
per i quali cui la quota di risorse di provenienza pubblica risulta più consistente (v. Sud
e isole fg. 8).
Di conseguenza, l’autonomia di cui ciascun comune gode rispetto agli interventi sulla
leva fscale (da cui la consistenza del patrimonio di risorse proprie disponibili) accresce
l’eterogeneità interna al panorama nazionale producendo, come esito fnale, l’accentua-
zione delle diferenze territoriali (fg. 7).























15 14 Ifel Fondazione Anci, Il quadro fnanziario dei comuni. Rapporto 2012, luglio 2012; Cittalia, Ripensare
allo sviluppo del welfare locale dal quadro attuale alle priorità di intervento future, 2012.
16 F. Pesaresi, I determinanti della spesa sociale comunale, Roma, novembre 2009.
17 Ifel Fondazione Anci, Il quadro fnanziario dei comuni. Rapporto 2012.
18 Le entrate tributarie dei comuni sono aumentate nel 2012 del 9,5%, secondo un’indagine CGIL-SPI,
Allarme welfare, gennaio 2013.

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