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Orizzonti di impegno, per le istituzioni e le comunità locali

o comunque aggravate dalle politiche di contenimento della spesa pubblica. A conferma
di tale fenomeno, gli operatori diocesani rilevano la sempre meno diffusa presa in carico
congiunta degli utenti da parte dei servizi sociali e delle Caritas diocesane. Sempre più
spesso, le azioni messe in atto dalla Caritas si confgurano come una sorta di intervento
sociale di ultima istanza di cui, nel medio periodo, non è scontata la stabilità e il livello
di adeguatezza rispetto ai bisogni dei destinatari.
Nel futuro, la possibilità di ridurre l’impatto delle politiche di contenimento della spe-
sa nell’ambito dei servizi alla persona dipenderà anche dal posizionamento dell'Italia nel
contesto europeo, ossia dalla capacità del nostro paese di negoziare e mediare rispetto
ad alcuni dei vincoli di bilancio imposti dall'Unione, anche alla luce degli importanti obiet-
tivi di riduzione della povertà, sanciti dalla Strategia Europa 2020, ancora lontani dal sep-
pur parziale raggiungimento.
A tale riguardo, Caritas Italiana, nell'ambito delle azioni di lobbying portate avanti da
Caritas Europa nella cornice istituzionale di Bruxelles, ha più volte sottolineato alcuni
punti essenziali, in riferimento specifco al fenomeno della povertà economica. La strate-
gia Europa 2020 afferma di promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva,
ma il pilastro dell’inclusione sociale della strategia sembra esser trascurato. Il processo
di attuazione della Strategia (il cosiddetto “Semestre Europeo”), si concentra principal-
mente sugli sviluppi macroeconomici, mentre la povertà e le sue implicazioni non sono
inclusi tra le componenti macroeconomiche da monitorare. Questo pone la domanda:
che cos’è la povertà se non una componente macroeconomica? e che analisi macroe-
conomica è quella che non considera la povertà? Inoltre, le politiche promosse non do-
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vrebbero focalizzarsi solo sull’aumento dei tassi di occupazione, ma anche sulla ridu-
zione della povertà e dell’esclusione sociale. Questi due obiettivi della Strategia Europa
2020 dovrebbero essere perseguiti in parallelo e uno non dovrebbe essere conseguito a
spese dell’altro. Nel 2011, lo shadow Report di Caritas Europa ha evidenziato il fatto che
i Programmi di Riforma Nazionale si concentravano principalmente sull’economia, l’a-
deguamento fscale e le riforme strutturali, e tendevano a trascurare le questioni socia-
li. Nel 2012, nella 2 edizione del Report, Caritas Europa ha ribadito che questa tendenza
a
perdurava nell’intero processo di Europa 2020 (il Semestre europeo) e dunque ha rivol-
to delle raccomandazioni al processo di attuazione della strategia Europa 2020 e ai suoi
diversi elementi.
In sintesi, ci attendiamo una Europa più sociale e meno economica. O meglio, una Eu-
ropa socio-economica, attenta alle dimensioni sociali dello sviluppo economico-fnan-
ziario dei singoli paesi membri.
Ulteriori ambiti di criticità riguardano i ritardi con cui nel nostro paese i vari provvedi-
menti legislativi in ambito sociale vengono resi disponibili e implementati.
Un primo esempio è quello del Fondo nazionale per l’autosuffcienza, rifnanziato dal-
la legge di stabilità per l'anno 2014. A tale riguardo, a fronte di un investimento per il fu-
turo, stride il forte ritardo con cui le somme del Fondo sono rese disponibili alle regioni.
Ricordiamo ad esempio che la legge di stabilità relativa al Fondo 2013 è stata approva-
ta il 24 dicembre 2012 (n. 228) e pubblicata sulla Gazzetta uffciale n. 302 del 29 dicem-
bre 2012. Alla cosiddetta non autosuffcienza erano destinati 275 milioni di euro. Di fat-
to, dopo un buco di oltre 12 mesi, solo in questi giorni (febbraio 2014) lo Stato sta effetti-
vamente trasferendo alle singole regioni la quota loro riservata. Un altro esempio si rife-
risce all’introduzione del nuovo Isee, il rinnovato “termometro” nazionale necessario per
determinare i livelli di accesso a varie tipologie di prestazioni sociali e assistenziali. Nel-
la realtà dei fatti, il nuovo Isee, entrato in vigore con decreto l’8 febbraio 2014, non è an-
cora effettivamente operativo. Perché il nuovo Isee entri a regime sono infatti necessa-
ri ulteriori passaggi, tra cui l’approvazione – con provvedimento del Ministero del Lavo-
ro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, su
proposta dell’Inps e sentiti l’Agenzia delle Entrate e il Garante per la protezione dei dati


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