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Genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all'interno del circuito ecclesiale

si giunge a quello dei bisogni e delle vulnerabilità “espressi” da coloro che sono dovu-
ti ricorrere all’assistenza e al sostegno del privato sociale.
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2 | Il focus qualItatIvo: “I bIsognI IntercettatI”
L’analisi qualitativa è stata realizzata attraverso interviste in profondità ad alcuni re-
sponsabili del circuito Caritas/CFC. Per il primo canale la scelta è ricaduta sui referenti
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di alcuni progetti specifci per padri separati.
Le persone intervistate sono state: i responsabili del progetto AUS di Milano (casa di
accoglienza per padri separati e uomini in diffcoltà economica e relazionale); il diretto-
re della Caritas diocesana di Torino e il presidente della cooperativa Synergica, referen-
ti della casa Nonno Mario (servizio di accoglienza abitativa temporanea); il direttore e i
membri dell’equipe della Caritas di Fano, promotori della casa di accoglienza per sepa-
rati in diffcoltà economica. Dalle voci e dalle esperienze degli intervistati possiamo rias-
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sumere in tre macro-categorie i bisogni intercettati dalla rete Caritas:


• il bisogno di ritrovare sé stessi;
• la necessità di avere un tetto dove potersi riparare;
• la mancanza di un luogo sano dove incontrare i propri fgli.


Per quanto riguarda il primo punto, “ritrovare se stessi”, gli input provengono dall’e-
sperienza della Caritas Ambrosiana che nel 2011 ha attivato un servizio di accoglienza
temporanea per uomini con un vissuto di separazione in situazione di disagio abitativo
e relazionale. Lo scopo, spiegano i responsabili, è quello di aiutare a “mettere in ordine”
la vita di coloro che, a seguito di una separazione (e con seri problemi economici), sono
molto vicini ad una caduta esistenziale. Il progetto, oltre ad offrire un “riparo”, un ambien-
te dignitoso dove stare per alcuni mesi, prevede un percorso di accompagnamento psi-
cologico che aiuta a ripartire e a reintegrarsi nella società. In alcuni casi, spiega l’educa-
trice coinvolta nel progetto, “emergono dei veri e propri buchi esistenziali […] noi cerchia-
mo di ricostruire il loro vissuto, la loro storia professionale attraverso il curriculum vitae
e mentre lo facciamo ci rendiamo conto che sono state cancellate molte parti della loro
vita, anni interi”. E, rispetto a tali situazioni, l’evento separazione non aiuta, anzi rafforza
ulteriormente lo stato di precarietà. “La separazione ti mette di fronte ad un cambio to-
tale delle abitudini […] perché fnché sei a casa, hai un posto dove andare a dormire, hai
chi ti prepara da mangiare, e pur stando male, hai comunque un’identità. […] La separa-
zione ti lascia da solo, soprattutto in un mondo maschile di 50enni che magari non san-
no farsi da mangiare, stirare o fare una spesa sensata. La separazione è la dichiarazione
di solitudine e tu non sei pronto. […] Poi si incastra tutto, è un concatenarsi di questioni:
banalmente come fai a presentarti ad un colloquio o a lavoro se non ti sei fatto una doc-
cia prima, se non hai dormito?”.
Rispetto agli interventi conclusi raccontano gli operatori: “l’obiettivo che abbiamo
raggiunto è quello della maggior consapevolezza; le persone in questi mesi nel bene
o nel male hanno potuto riprendere in mano alcune questioni, hanno avuto uno spazio
dove poterci pensare […] poi però il risolvere è un’altra questione”.
Se il progetto AUS di Milano interviene per aiutare a tessere i fli della propria vita, la
Caritas diocesana di Fano interviene per fornire una abitazione a quei padri separati che
a causa della separazione “non sono in grado di far fronte alle spese di mantenimento e
allo stesso tempo di provvedere ad una nuova sistemazione abitativa”. Il progetto si oc-
cupa proprio di fornire alloggi temporanei (mini locali con alcuni spazi comuni) a padri
separati, italiani e stranieri, che vivono situazioni di disagio economico. Anche in questo
caso non si tratta di puro assistenzialismo ma di un accompagnamento che prevede an-
che un contributo economico (seppur irrisorio) che ha lo scopo di responsabilizzare la
persona presa in carico. Il primo ospite della struttura, attivata nei primi mesi del 2013,


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