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IL BILANCIO DELLA CRISI


fusa, mentre nel nostro paese si tratta di una condizione drammatica ma circoscritta. An-
che se gli individui in povertà estrema fanno parte del ben più ampio gruppo di coloro
i quali vivono la povertà assoluta, esiste una notevole diferenza tra avere difcoltà a so-
pravvivere e, pur non avendole, non raggiungere uno standard di vita accettabile. È la
diferenza tra avere una casa ma non la lavatrice e non avere un tetto sotto cui dormire,
tra nutrirsi ma in modo inadeguato e non riuscire a mangiare regolarmente e così via.
Più recentemente si sono pure difuse diverse nuove defnizioni, e relativi indicato-
ri, riconducibili al concetto di disagio economico. I dati così raccolti evidenziano le dif-
fcoltà materiali delle famiglie e il rischio che cadano in una situazione di vera e propria
povertà. Risultano particolarmente utili nell’attuale fase storica, segnata dalla presen-
za sempre più difusa di percorsi di progressivo peggioramento delle condizioni delle
persone (impoverimento) che – se non fronteggiati per tempo – le vedranno scivolare
in povertà. In sintesi, questi dati sono efcaci nel segnalare il rischio che il fenomeno si
manifesti (e la conseguente necessità di adeguate politiche per evitarlo), ma non la sua
presenza conclamata (che porta invece alla necessità di contrastarlo).
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Le politiche pubbliche per combattere la povertà relativa o il disagio sono varie e dif-
ferenziate: si pensi agli interventi di redistribuzione del reddito e all’istruzione per ridurre
le diseguaglianze e agli ammortizzatori sociali per assicurare condizioni di vita dignitose
a chi ha perso il lavoro.
Nel caso della povertà assoluta, invece, la cosa da fare è una, cioè predisporre quel sa-
fety net (rete di protezione) rivolto a tutte le persone che la vivono, rappresentato da un
contributo economico e dai necessari servizi alla persona, tradizionalmente defnito red-
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dito minimo (oggi anche Sia, Reis o altro), che esiste in tutti i paesi europei tranne Italia e
Grecia. Se si vuole contrastare la povertà assoluta ci vuole un adeguato safety net: la que-
stione è drammaticamente semplice.
La scelta di concentrarsi esclusivamente sulla povertà assoluta permette anche di su-
perare alcuni paradossi che oggi toccano il dibattito pubblico nelle sue diverse sedi (sui
media, nel mondo politico, tra gli esperti):
• innanzitutto, si corre il rischio che tanto più si parla di povertà, tanto meno si capisca
di cosa si tratti. La crisi, infatti, ha causato una notevole crescita d’interesse verso il
fenomeno, e la moltiplicazione dei dati presentati in proposito. La povertà, però,
viene rappresentata impiegando una varietà di cifre diverse tra loro, riferite a con-
dizioni con gradi di difcoltà assai eterogenei. Il risultato è una confusione sempre
maggiore;
• inoltre – ed è il secondo paradosso – la drammatizzazione della povertà induce a non
valutare in modo corretto ciò che si potrebbe efettivamente fare per contrastar-
la. L’aumentato ricorso ai dati su questa realtà, infatti, è accompagnato dalla difusa
tendenza a sofermarsi sui valori più alti, allo scopo di enfatizzare la gravità della si-
tuazione. La corsa a rafgurare il fenomeno attribuendogli dimensioni sempre mag-
giori (salendo dalla povertà assoluta a quella relativa, al rischio di povertà), però,
porta a ritenere necessarie politiche sempre più ambiziose per fronteggiarlo. Ciò fa









13 La povertà non si esaurisce nella scarsità di risorse economiche ma coinvolge una varietà di dimen-
sioni della condizione umana, come non godere di buona salute, avere una bassa istruzione e molte
altre. Qui ci si è concentrati sulle misurazioni economiche perché rappresentano quelle maggior-
mente in uso. Per un’introduzione agli approcci multidimensionali alla povertà si veda E. Morlicchio,
op. cit.
14 Le più note proposte di reddito minimo oggi sul tappeto sono presentate e discusse nel capitolo 7 del
Rapporto. Il reddito minimo, se adeguatamente progettato, serve anche a fronteggiare la povertà
estrema.

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