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IL BILANCIO DELLA CRISI


la tutela dei target più svantaggiati. Una sfda, questa, che va assunta nello scenario di
incertezza descritto, in cui si devono perseguire obiettivi realistici e concreti, declinando
la responsabilità in forme di vigilanza, documentazione, valutazione delle azioni che si
andranno a dispiegare sul fronte della lotta alla povertà, in ogni articolazione territoriale,
senza semplifcazioni o ideologismi, ma con determinazione e competenza.


Le sperimentazioni: verso una misura universale?
Le direttrici segnate dalla Legge di stabilità 2014 indicano – come abbiamo visto nei
capitoli precedenti – la strada di una progressiva sperimentazione (grandi aree urbane,
regioni meridionali e infne centro-settentrionali), per testare l’efcacia non solo di una
misura che integra sostegno economico – non più categoriale – e accompagnamento
sociale alle persone ed ai nuclei familiari, ma anche – implicitamente – la verifca della te-
nuta di un sistema di porte sociali, fortemente segnata dai diferenziali territoriali.
Già la sperimentazione nei dodici comuni italiani con più di 250mila abitanti ha se-
gnalato diverse criticità, che – seppure comprensibili, data la novità della misura – non
possono che rendere avvertiti circa la necessità di assumere la questione del raforza-
mento della rete dei servizi sociali, soprattutto al Sud, come questione strategica per il
buon esito di questa strategia. La creazione di strutture di servizio sociale capaci di so-
stenere la sfda non della mera erogazione, ma della costruzione e dell’implementazione
di Piani personalizzati individuali non può che andare nella direzione della sussidiarietà
e della integrazione, se vuole tenere insieme il duplice criterio della rapidità di appronta-
mento e della sostenibilità futura. Immaginare che reti di porte sociali territoriali possano
essere non solo avviate, ma sostenute con risorse di programmi europei, segnate da logi-
che che rischiano di essere vissute dalle amministrazioni come temporanee e non strut-
turali, può creare il paradosso di una afannosa cantierizzazione sociale che consegna al
futuro – cosi come nel recente passato – grandi opere incompiute.
Per queste ragioni la sperimentazione della nuova Carta Acquisti nelle grandi aree
urbane e nelle regioni meridionali apre un ampio ambito di vigilanza e di advocacy e
ci invita a prefgurare forme diverse di presenza e di servizio nell’ambito delle povertà.
In questo senso il monitoraggio congiunto di Caritas italiana e Save the Children, non-
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ché la contestuale azione di Action Aid (vedi cap. 4) in questo ambito, sono signifcativi
esempi di intervento sussidiario e di advocacy che ofrono una prospettiva ulteriore alla
valutazione di queste misure.

Alcune piste di lavoro
• Le comunità territoriali che hanno in atto la sperimentazione hanno l’opportunità di
contribuire al suo monitoraggio, in termini di efettiva presa in carico delle famiglie,
di costruzione sussidiaria del disegno di sperimentazione e di realizzazione, di capaci-
tà di connessione dei Piani personalizzati con gli attori territoriali. In particolare, le Ca-
ritas diocesane possono coinvolgere la rete degli Osservatori diocesani delle povertà
e delle risorse, per orientare l’attività in questa direzione, dato che in ambito di stu-
dio dei fenomeni di povertà possono vantare un bagaglio pluriennale di esperienza. 3


2 Vedi il Comunicato congiunto Caritas Italiana- Save the children del 5 marzo 2014, disponibile sul sito:
www.caritas.it
3 Gli Osservatori delle povertà e delle risorse nascono alla fne degli anni Ottanta come strumento dio-
cesano preposto allo studio, all’analisi e alla conoscenza, tecnicamente fondata, dei fenomeni di
povertà e disagio presenti sui territori, al fne di orientare l’azione progettuale delle comunità locali
verso le priorità di intervento individuate. Al 2009 risultavano 179 le Caritas diocesane impegnate in
attività di “osservazione organizzata e stabile”. Pur non esistendo osservatori regionali, è rilevabi le
invece una prassi di raccolta stabile di dati e produzione di report regionali in Toscana, Campania,
Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria (in sinergia con la Regione civile), Abruz-
zo-Molise (prassi congiunta) (cfr. Caritas Italiana, Osservare per animare. Guida per l’osservazione e
l’animazione della comunità cristiana e del territorio, Roma, 2009).

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