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LE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA / RAPPORTO 2014


ne. Si aggravano le diferenze in termini di politiche di welfare e protezione sociale, au-
mentando il divario tra le regioni europee centrali e settentrionali e quelle meridionali
periferiche.
A fronte di questo trend il Parlamento Europeo ha recentemente approvato il nuovo
Quadro fnanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 (QFP) che defnisce l’allocazione
fnanziaria delle risorse degli Stati Membri, in particolare per la politica di coesione
che costituisce un fondamentale strumento di sviluppo e un potenziale volano per la
ripresa economica dell’Unione Europea. È principalmente tramite queste risorse (Fondi
strutturali e di investimento europei) che l’Unione realizzerà gli obiettivi – già citati nei
capitoli precedenti – della Strategia Europa 2020: crescita e occupazione, lotta contro i
cambiamenti climatici e riduzione della dipendenza energetica, della povertà e dell’e-
sclusione sociale.
In Italia questo signifcherà poter benefciare, secondo quanto previsto dall’Accordo
di partenariato – lo strumento attraverso il quale ogni Stato Membro stabilisce la stra-
tegia di impiego dei fondi comunitari – di importanti risorse aggiuntive per le politiche
sociali.
Secondo quanto comunicato dalla Commissione Europea, l’Italia benefcerà di un to-
tale di risorse comunitarie pari a 32.268 milioni di euro, a cui aggiungere il cofnanzia-
mento nazionale a carico del Fondo di rotazione e del Fondo Sviluppo e coesione per
un importo complessivo di circa 100 miliardi di euro. L’accordo di partenariato si carica
dell’aspettativa di utilizzare i fondi strutturali in maniera più efciente ed efcace rispet-
to al passato per contribuire al superamento della crisi. Un’occasione che non può esser
mancata perché i fondi strutturali possono agire come un vero catalizzatore per il rilan-
cio del paese, pur consapevoli della fragilità organizzativa e amministrativa del nostro
assetto istituzionale.
Occorre, quindi, tener conto dell’opportunità data dai fondi europei, strutturali e non,
di sperimentare un’efcace azione di inclusione sociale valorizzando l’uso dei fondi, sia in
termini di risorse, ma soprattutto di progettualità innovative, per creare le condizioni di
una sperimentazione trasferibile e sostenibile in una prospettiva di sussidiarietà.

Alcune piste di lavoro
La strategia elaborata dal Governo e in particolare l’attenzione posta all’obiettivo te-
matico “inclusione sociale e lotta alla povertà” (Punto OB9 dell’Accordo di partenariato),
ofre spazi importanti di contrattazione a livello nazionale, ma soprattutto regionale. L’e-
sistenza di un codice europeo di condotta sul partenariato e l’obiettivo da parte dell’am-
ministrazione di promuovere forme standardizzate di partenariato, dovrebbe essere uno
stimolo ad attivarsi per:
• creare dei “presidi della società civile” che con continuità e qualità interagiscano con le
istituzioni a vari livelli, nella logica della fliera
• svolgere un’azione di indirizzo presso le amministrazioni, in particolare regionali, nella
defnizione della programmazione operativa conseguente all’Accordo di partenaria-
to, afnché vi siano misure concrete relative al contrasto della grave marginalità e alla
promozione di percorsi di inclusione sociale
• attuare progettazioni nazionali e regionali di sperimentazione di modelli innovati-
vi d’intervento sociale, a partire dalla condivisione delle buone prassi, individuando
temi e connessioni di interesse generale necessari per avviare nuove pratiche di in-
clusione sociale
• sperimentare partenariati territoriali, vale a dire testare un metodo di lavoro per un im-
pegno comune e coordinato più incisivo sui territori;
• creare connessioni a livello europeo afnché su alcuni ambiti prioritari si avviino percor-
si di lobby e advocacy a livello nazionale e europeo.




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