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LE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA / RAPPORTO 2014


• È necessario collegare tutti quei soggetti che stanno sviluppando forme di monitorag-
gio, come ActionAid e Save the children, per avviare tavoli congiunti di lavoro e scam-
bio di informazioni, contestualmente all’interlocuzione istituzionale da raforzare e/o
da richiedere soprattutto nel caso di sperimentazioni locali prive di collegamento con
le realtà territoriali.
• Appare utile sviluppare momenti di confronto sul monitoraggio della sperimentazio-
ne anche a livello regionale, al fne di realizzare forme di dialogo istituzionale anche
a questo livello territoriale, per difondere le lezioni apprese in vista delle successive
sperimentazioni.
• In particolare nelle regioni meridionali si dovrebbe verifcare lo stato di avanzamento
della predisposizione delle sperimentazioni già previste, per verifcarne le forme e i li-
velli di connessione con le reti di servizi territoriali.


La questione dei beni alimentari
A partire da questa chiave di lettura va afrontata la questione dei beni essenziali per
gli indigenti, in particolare con l’avvio del nuovo programma FEAD. Questo evidente-
mente non rappresenta il futuro delle politiche sociali del nostro paese, ma è un test
rilevante della capacità di governance e di innovazione, a partire dall’evoluzione delle
misure oggi disponibili. È un segnale di estrema debolezza organizzativa e politica invo-
care grandi riforme o innovazioni con verbi al futuro, ignorando, sottovalutando o de-
nigrando l’esistente, e di fatto inibendo le possibili evoluzioni dei sistemi di aiuto tradi-
zionale.
La sfda principale, invece, consiste nel gestire efcacemente e contestualmente
la transizione verso forme di presa in carico strutturali e maggiormente rispettose del-
la dignità delle persone – come il Sia – senza per questo interrompere del tutto forme
più tradizionali di aiuto, peraltro connesse ad una preziosa rete sussidiaria. Non si tratta
di contrapporre o giustapporre modalità di intervento, quanto piuttosto integrare e far
evolvere, evitando un errore tipico dell’innovazione vissuta come ideologia e non come
metodo: non assumere la responsabilità della incrementalità dei processi di cambiamen-
to, sia rispetto alle misure, sia nei confronti degli attori coinvolti, che siano benefciari o
reti di aiuto.
Spesso l’etichetta “interventi assistenziali” - formulata con una certa dose di aggressi-
va valutatività – omette il fatto che la coesione sociale del nostro paese in questi anni ha
tenuto anche grazie a reti e forme di aiuto certamente non innovative, ma tali da trasferi-
re non solo sostegno economico e materiale – come nel caso degli aiuti alimentari – ma
anche legami sociali, tali da ridurre i rischi di forme ancora più estreme di esclusione. Va-
lutare il presente senza leggerlo nel contesto dei limiti strutturali delle politiche di con-
trasto attualmente disponibili, è una operazione discutibile sul piano intellettuale e po-
litico, che non rende ragione di un impegno solidale di soggetti - pure gravato da limiti
- che sono stati e rimangono una risorsa per questo paese.


Alcune piste di lavoro
I soggetti attivi sul fronte del contrasto alla povertà hanno l’opportunità di verifca-
re l’efcacia – una volta avviato il nuovo Fondo – delle nuove modalità di aiuto alimen-
tare, a partire da:
• la densità comparata delle reti sussidiarie e delle reti istituzionali
• la loro capacità di raggiungere i target
• la qualità della presa in carico da parte dei servizi territoriali
• la connessione della misura con altri interventi territoriali
• la capacità di integrare nello stesso modello di intervento aiuti materiali e processi più
ampi di integrazione sociale.




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