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Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia

fscali sull’acquisto della prima casa, concedendo licenze edilizie, anche in deroga ai vin-
coli paesaggistici. Tuttavia, a partire dal 2005 l’eccessiva ansia di guadagno spinse mol-
ti investitori (singoli cittadini, società private, enti locali, ecc.), a compiere operazioni f-
nanziariamente azzardate, che determinarono, in un breve arco di tempo, effetti inattesi:
il rallentamento del numero di transazioni, la diffcoltà a trovare nuovi investitori disposti
ad acquistare ad un prezzo che nel frattempo era cresciuto, un eccesso di vendite al ri-
basso del valore iniziale, ecc.
Di particolare gravità il cedimento del fronte occupazionale: secondo i dati del Mi-
nistero spagnolo dei lavori pubblici, nel 2005 un totale di 2.649.615 persone svolgeva-
no una professione legata al settore edilizio. Dopo soli tre anni, nel 2008, tale numero
era sceso di 600mila unità. Solamente fra il 2005 e il 2008 il numero di imprese di co-
struzione si era ridotto del 22%. Molte case costruite in fretta e furia nel pieno del fu-
rore edilizio rimasero invendute: le famiglie spagnole non potevano permettersi mutui
con i tassi diventati più alti e le banche smisero di concedere prestiti con la facilità del
passato.
La deflagrazione della crisi mondiale ha spinto la crisi oltre il punto di non ritorno: i
titoli spazzatura degli Stati Uniti hanno contagiato anche l’economia spagnola che, or-
ganizzata in un sistema bancario formato da un gran numero di piccole Casse di Ri-
sparmio, è stata progressivamente soffocata. Per poter fnanziare il sistema edilizio o
acquistare in prima persona grandi proprietà immobiliari (rimaste poi invendute), anche
le banche spagnole avevano chiesto del denaro in prestito ed erano impegnate nel paga-
mento ad altre banche creditrici di un volume enorme di interessi, stimato fra i 60 e gli 80
milioni di euro al giorno. Molte piccole casse di risparmio non hanno resistito al trauma e
hanno dovuto scegliere tra due alternative: chiudere defnitivamente o fondersi con altre
banche, di maggiori dimensioni e stabilità.


1.2 Povertà ed esclusione sociale - Secondo i dati Eurostat, alla fne del 2012 il 25%
della popolazione europea (124,4 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio
di povertà o esclusione sociale; 4 milioni in più rispetto al 2011. Negli stati membri l’in-
fanzia rappresenta il gruppo sociale a maggiore rischio di povertà: nel 2012 il 27,0% dei
minorenni europei era a rischio di povertà ed esclusione sociale, rispetto al 24,3% degli
adulti (tra i 18 e i 64 anni d’età) e al 20,5% degli anziani (con più di 65 anni). Un bambino
su cinque nell’UE è a rischio di povertà.
Sempre secondo i dati Eurostat, in Italia la percentuale dei minorenni a rischio povertà
supera di 5 punti la media europea, soffermandosi al 32,3%. Anche il tasso di deprivazio-
ne materiale dei minori è salito: dal 2009 al 2012 è passato dal 19,6 al 22,3%. Il fenome-
no è imputabile alla diminuzione delle entrate economiche dei genitori e al carente livello
di protezione sociale del nostro paese, determinato dalla recente introduzione delle mi-
sure di austerity e dalla forte contrazione della spesa pubblica nel settore del welfare, in
atto da oltre un decennio.
L’osservazione comparata della situazione italiana dimostra che il nostro paese si
distingue per valori di disagio quasi sempre superiori ai valori medi europei. Nello spe-
cifco, la distanza maggiore dalla media europea (+5,1 punti percentuali) si registra nel
caso delle persone “a rischio di povertà o esclusione sociale”, un indice complesso che
sintetizza i valori registrati dai tre principali indicatori di povertà ed esclusione sociale
utilizzati da Eurostat (rischio di povertà economica dopo i trasferimenti sociali, grave
deprivazione materiale e presenza di famiglie “a bassa intensità lavorativa”).
Proprio su questa ultima dimensione l’Italia si colloca perfettamente nei valori medi
europei: nel 2012 il 10,3% dei cittadini italiani viveva in famiglie con bassi livelli di occu-
pazione (stesso valore della media europea a 27 paesi).






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