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Restando su questo piano, Papa Francesco ha chiarito, nel Messaggio per la Quaresi-
ma 2014, la diferenza tra povertà e miseria: “La miseria non coincide con la povertà; la
miseria è la povertà senza fducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distin-
guere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale.
La miseria materiale […] tocca quanti vivono in una condizione non degna della perso-
na umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’ac-
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qua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale”.
Questa distinzione ci ofre un’importante indicazione di impegno: i cristiani sono chia-
mati a orientare la propria azione primariamente verso tutti coloro che rischiano di ve-
dere interrotti i legami sociali e negati i diritti fondamentali e, con essi, la possibilità di
futuro.
La defnizione di povertà assoluta è quella che più si avvicina – attingendo al reperto-
rio di concetti forniti dalle scienze sociali – a questa descrizione e riteniamo che optare
per essa sia la scelta più coerente da farsi in linea con una tradizione di pensiero e di azio-
ne sociale e caritativa quale quella cristiana.
Ma vi è anche una motivazione più concreta che ha portato a concentrarsi sulla po-
vertà assoluta: spesso nel dibattito pubblico si è usata strumentalmente la distinzione tra
povertà assoluta e relativa, assistendo ad un confronto che oscillava tra un massimalismo
che invocava più generali politiche redistributive – per molti versi estranee al merito del
contrasto alla povertà – e un pragmatismo che – criticando l’approccio precedente – si
limitava a dichiarare l’insostenibilità per la fnanza pubblica di tali prospettive. Il risultato
per il nostro paese è stato quello di una fondamentale assenza di forme di contrasto ef-
fettivo ai rischi di povertà, evidenza resasi particolarmente dolorosa e divenuta eclatante
in questi anni di crisi economica.
Ripartire dalla povertà assoluta non è il segno di una rinuncia a pensare ad un paese
più giusto, un paese cioè in cui stia a cuore ai decisori pubblici una più equa ripartizione
delle risorse, alla base del concetto di povertà relativa, ma signifca assumersi la respon-
sabilità di indicare non solo i fattori e le condizioni socio-economiche più esposte ai ri-
schi di una condizione di grave esclusione, ma anche prospettare valutazioni fondate e
prospettive realizzabili di politiche pubbliche.
Appare evidente che in questa prospettiva la valutazione delle politiche non può che
partire dalla verifca della presenza di misure nazionali e universali, tali da superare i dif-
ferenziali regionali di risorse e di strumenti, coerentemente con il principio di uguaglian-
za della Costituzione, in termini di “pari dignità sociale” e in riferimento all’eguale tratta-
mento che il cittadino deve avere di fronte alle previsioni legislative. Questa prospettiva
non ignora che il contrasto alla povertà si realizza concretamente nella dimensione lo-
cale sia in termini di contesto economico – più o meno capace di ofrire opportunità
di inclusione – sia in termini di servizi sociali, tali da prendere in carico le situazioni di
bisogno. L’ambizione di questo Rapporto consiste quindi nell’ampliare progressiva- L’ambizione di questo Rapporto consiste quindi nell’ampliare progressiva-
mente il raggio della valutazione includendovi anche i modelli regionali, e nell’ofrire un
punto di vista che sappia cogliere in che misura siano realizzabili strategie di tipo nazio-
nale, a partire dalle dotazioni infrastrutturali dei diversi territori.

Una prospettiva sussidiaria
Un’altra caratteristica di questo Rapporto consiste nell’aver adottato un approccio
che favorisse la compenetrazione di competenze e saperi del mondo dell’università e
della ricerca con quelle di soggetti sociali impegnati, a diverso titolo, sul tema della po-
vertà e della tutela dei diritti.






3 Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2014.

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